Storie di font: Comic Sans, il carattere sbagliato nel momento giusto – Pezzilli & Company

Storie di font: Comic Sans, il carattere sbagliato nel momento giusto

Graphic Design

Storie di font: Comic Sans, il carattere sbagliato nel momento giusto

Bistrattato, eppure celebre. Chiunque in ambito lavorativo alza il sopracciglio alla vista di un visual che lo contiene, nessuno si sognerebbe più di utilizzarlo in un documento di testo. Oggi è semplicemente obsoleto, ne troviamo traccia nei volantini per strada o nelle insegne di qualche agenzia a serranda chiusa in città. Sui software però, non è mai tramontato e scorrendo il menu a tendina di qualsiasi programma che preveda l’inserimento testo, si ritrova: è il font Comic Sans, ed evidentemente, ha una storia.

Così nacque Comic Sans

Era l’ottobre del 1994. A Redmond, in Virginia, l’ingegnere tipografico Vincent Connare lavora a notte fonda presso Microsoft. Il suo compito come type design è creare nuovi font, contribuirà anni dopo infatti alla creazione del carattere web-safe Trebuchet (1996) e alla stesura di alcune parti di Webdings (1998). Prima di quelle innovazioni però, Connare aveva lavorato al rilascio del software Microsoft Bob, un progetto promettente in casa Microsoft che non ebbe mai il successo sperato. Si trattava di una interfaccia costruita come una casa, con stanze che contenevano icone e applicazioni animate, progettata intenzionalmente per avvicinare bambini e neofiti al computer. Il carattere Times New Roman inizialmente scelto per dare parola al cane guida Rover non si adattava però a ballon e disegni. Così nacque Comic Sans: ispirato da alcuni fumetti, Connore disegnò un font in tutta fretta, con crenature sbagliate, minuscole malassortite senza varianti di peso o forma e senza legature.

Perché ai designer non piace il font Comic Sans?

E, nonostante ciò, il font si è estremamente diffuso. Addirittura, iconico fu il lancio del Bosone di Higgs (più conosciuta come “Particella di Dio”), presentata al mondo al CERN di Ginevra con le slide scritte in Comic Sans. Quindi, se sei un designer, non sceglieresti mai Comic Sans, ma chiunque faccia altro nella vita, evidentemente sì. Secondo Andrea Magnini, visual branding designer, la necessità di essere originali e unici nelle persone, mentre compongono il contenuto del messaggio che vogliono trasmettere, li induce a cercare qualcosa che sia il più distante possibile dalle proposte del software che usano in quel momento. È evidente che il Comic Sans tra l’area in Times New Roman, quella in Georgia e tanti altri caratteri che da sempre sono di default sui programmi di posizione testi, salta agli occhi per essere qualcosa di totalmente diverso. «In realtà, il suo contenuto da un punto di vista tecnico è molto debole, – spiega Magnini – non è un carattere facilmente leggibile, offre poche possibilità di composizione: un testo lungo, scritto in Comic Sans è estremamente difficile da leggere. E nemmeno esteticamente soddisfa se messo a confronto con altri; intervistando mille persone, pochissime diranno che quel messaggio è scritto con un bel carattere. Non permette di avere grassetti o corsivi, anche se poi il software riesce a rendere grassetto qualsiasi cosa».

Roba da boomer

L’utilizzo di Comic Sans è associato a una categoria di persone precisa, i cosiddetti “boomer”. Neanche a riguardo ha troppi dubbi Andrea Magnini: «Perché sono le persone che lo hanno utilizzato quando è nato, ovvero negli anni in cui, nella quarta o la quinta versione di Word, era tra gli otto caratteri tra cui scegliere. Non c’era molta scelta allora: due caratteri erano graziati e quindi troppo eleganti, tre erano normali bastoni lineari e quindi non gradevoli; pertanto, il Comic Sans saltava agli occhi come diverso. Oggi possiamo scegliere fra una quantità di font enorme, il che crea il problema contrario, e se anche non sono sufficienti, possiamo recuperarne qualcuno in rete, scaricandolo. Quando tutto questo non c’era, la scelta era obbligata».

Seppellire Comic Sans definitivamente

Il font dei balloon venne introdotto di sistema in Windows ’95 e fu scelto come carattere per l’aiuto in 3D Movie Maker e di default per Microsoft Publisher e Internet Explorer. Fu proprio l’introduzione nel sistema Microsoft a farlo diventare uno dei caratteri più popolari al mondo. L’obiettivo di Microsoft infatti, è sempre stato quello di diffondere il più velocemente possibile, in più Paesi possibile, il proprio software. Tant’è che non si è mai preoccupato di proteggere dalla pirateria il proprio sistema operativo. «Mentre su Windows sembra sempre di usare la versione “beta” di un sistema operativo – conclude Magnini – molto diverso è l’atteggiamento di Apple che da quando è nata ha sempre avuto intenzione di vendere computer più che un sistema operativo. E poiché quei computer erano firmati da loro, dovevano funzionare, motivo per cui la società fondata da Steve Jobs ha sempre avuto la proprietà del sistema operativo».