Senza tempo o banale?
Lineare, essenziale, pulito. Di certo inconfondibile. L’Helvetica è intorno a noi. Tra i reparti del supermercato, per le strade newyorkesi, sui siti web. Un vero e proprio evergreen, icona del linguaggio pubblicitario deli anni ’60. Tra i designer il dibattito è tutt’oggi aperto: tra chi lo guarda ancora con sguardo romantico, e chi lo condanna per la sua non spiccata caratterizzazione. Diatribe a parte, certo è che la storia di questo font racconta un’ascesa al successo senza precedenti, resa celebre grazie ai grandi brand di tutto il mondo.
Tutto nato da un goffo tentativo
Era il 1800 quando un anonimo designer realizza un carattere tutto sommato goffo come Grotesk, utilizzato dai progettisti nelle insegne informative per i caratteri impattanti e robusti.
Più avanti, nel 1896, nasceva l’Akzindenz Grotesk, dallo stile delicato e leggibile, caratteristiche che gli consentono di distinguersi molto velocemente. Probabilmente avrebbe avuto un grande successo, se un certo Edouard Hoffmann, proprietario della Haas Type Foundry, non avesse avuto altri piani per la testa.
E pensare che avrebbe dovuto chiamarsi “Neue Haas Grotesk”
Fu proprio il boss della Haas, convinto che l’Akzindenz Grotesk avesse bisogno di un restayling, ad incaricare il freelance Max Miedinger di ideare un set di caratteri senza grazie per una nuova linea tipografica nel 1956. Il carattere si sarebbe dovuto chiamare Neue Haas Grotesk, ma nel 1960 venne ribattezzato Helvetica (dal latino “Helvetia”, che tradotto significa “Svizzera”) per renderlo distintivo sul mercato internazionale.
Il nuovo naming aveva anche un’altra finalità: strizzare l’occhio all’avanguardia della Swiss Technology, fenomeno che in quegli anni era in forte ascesa. Insomma, un font cool e moderno che portò una ventata di fresco sul mercato tipografico. E non passò molto tempo prima che i grandi brand non cominciassero ad adottarlo.
Il boom del ‘61
Negli anni in cui la rivoluzione del lettering era in auge, le grandi agenzie pubblicitarie cominciavano a scegliere Helvetica come font ufficiale da utilizzare per i più ambiziosi progetti. In poco tempo il nuovo font iniziò a comparire nei corporate brand, nella segnaletica, nelle stampe d’arte, nelle clip video ed in altri innumerevoli campi della comunicazione visiva.
Ma ad incoronare l’Helvetica come il font “più figo” di sempre ci pensa l’Apple nel 1984, quando sceglie di includerlo tra i caratteri del nuovo sistema Macintosh, consentendone la diffusione anche nel mondo della grafica digitale.
Ma perché Helvetica è così popolare?
La rivoluzione portata dal nuovo carattere risiedeva nella capacità di comunicare le idee in maniera obiettiva, e non come un’espressione artistica. Una peculiarità che non passò inosservata agli occhi di Massimo Vignelli, che nel dicembre del 1989 decise di proclamare Helvetica come il carattere tipografico ufficiale per la segnaletica della città di New York, spostando nel dimenticatoio l’allora preferito Akzidenz Grotesk.
Uno spazio negativo pieno di buoni propositi
C’è una caratteristica in particolare che contraddistingue Helvetica: tanto spazio negativo (il bianco) che circonda le lettere, tanto quanto quello delle linee che compongono i caratteri, che si sviluppano sempre in verticale o orizzontale, ma mai in diagonale. Una scelta stilistica ma soprattutto strategica, che dona al font un design deciso e impattante, pur rimanendo sobrio. Un successo planetario, celebrato dal MOMA di New York e da numerosi libri in tutto il mondo.